Lèkythos attica, frammento
Marmo pentelico
Alt. 49,5 cm
375-350 a.C.
La lèkythos in marmo pentelico presenta una forma affusolata e risulta frammentaria, poiché si conserva solo la metà anteriore con il campo riservato alla decorazione con una scena di commiato a rilievo. A sinistra, seduta su un klismòs, vi è una figura maschile con la superficie del volto abrasa e avvolta in un himàtion che gli lascia coperte entrambe le spalle, ricadendo sulla spalla sinistra e coprendo parte della seduta. Il braccio sinistro è alzato e flesso poiché nella mano, oggi abrasa, doveva stringere un bastone originariamente dipinto, mentre la destra è protesa in avanti nell’atto di stringere la mano (dexíosis) al personaggio di fronte con barba, dai lineamenti finemente lavorati e dall’intensa espressività: un oplita. Egli indossa gli schinieri, un chitone a maniche corte, lungo fino alle ginocchia, e una corazza anatomica con due file di pteryges; una clamide si avvolge intorno al bacino e all’avambraccio sinistro piegato, che serra nella mano una spada. Il soldato è scortato da un servitore di piccole dimensioni, che gli reca un elmo di tipo frigio e un grande scudo circolare, che si sovrappone al suo corpo. I tre protagonisti della scena si conformano a tipi iconografici ben conosciuti nel repertorio figurativo dei vasi funerari attici. Il protagonista defunto va riconosciuto nel personaggio centrale, il cui ruolo egemone nella scena è confermato dalla presenza del servo: è qui eternato come guerriero in armi nell’atto di congedarsi dal vecchio padre; un saluto che diventerà un addio, ma il legame di sangue non si spezzerà con la morte.
Come afferma Elena Ghisellini (in “Athena Nike: la vittoria della dea”, Roma 2013, pp. 106-111), anche questa lèkythos in esame rientra cronologicamente nell’ambito della produzione fra il secondo decennio e la metà del IV secolo a.C. per lo schema compositivo del rilievo e soprattutto per il particolare disegno della spalliera del seggio, di cui si percepisce la profondità spaziale. Notevole è la cura artigianale dei dettagli, le figure hanno proporzioni armoniose, nitida demarcazione dei contorni e attento trattamento dei particolari anatomici. Sembra probabile una datazione dell’opera nel secondo venticinquennio del IV secolo a.C.