Lèkythos attica

by admin fsg

Lèkythos attica
Marmo pentelico
Alt. 90 cm
375-350 a.C.
Opera soggetta a decreto di notifica

La lèkythos, proveniente dalla Collezione Versace, di forma affusolata, risulta mancante di parte del collo, dell’ansa e del piede; è in marmo pentelico di provenienza attica, come generalmente avviene per questa tipologia di opere. Essa presenta sul corpo del vaso, nel campo riservato alla decorazione, una scena di commiato con tre figure maschili a rilievo. A sinistra, seduto su klismòs compare un personaggio anziano con barba fluente e lunghi capelli, avvolto in un himàtion che lascia scoperto il torace e si avvolge intorno alla parte inferiore del corpo. La mano sinistra è serrata nell’atto di tenere un bastone, non più visibile poiché in precedenza dipinto, mentre la destra è protesa in avanti nel gesto di stringere la mano (dexíosis) all’altra figura stante barbata che indossa un himàtion. Alle sue spalle è scolpito un terzo personaggio, privo di testa, vestito con tunica e armato di scudo, che nella destra serrata, protesa in avanti, stringeva certamente una lancia originariamente dipinta. L’atto della dexíosis, la stretta di mano fra i due protagonisti della scena manifesterebbe visivamente l’unione affettiva tra il defunto e i familiari ancora vivi, legati al di là della morte.

Queste lèkythoi e loutrophóroi rappresentano la traduzione in marmo delle forme vascolari in terracotta adibite fin dall’età arcaica a usi funerari. Si diffusero intorno al 420 a.C., quando ebbe un notevole sviluppo la ripresa dell’arte monumentale funebre e rimasero in uso fino al 317 a.C., quando la legge suntuaria di Demetrio Falereo abolì i monumenti funerari. Lèkythoi e loutrophóroi erano innalzate in Grecia allo scopo di eternare la memoria del defunto e di glorificarne la famiglia di appartenenza ed erano collocate sulla facciata di recinti familiari, contenenti all’interno più sepolture. Per lo schema compositivo, la resa formale e la forma ancora affusolata del vaso, la lèkythos può essere inquadrata cronologicamente nella prima metà del IV secolo a.C. (390-350 a.C.) (in “Athena Nike: la vittoria della dea”, Roma 2013, pp. 100-105).

 

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