Diana cacciatrice

by admin fsg

GIOVANNI FRANCESCO BARBIERI, DETTO IL GUERCINO
(Cento 1591 – Bologna 1666)

Diana cacciatrice

Olio su tela
96,8 x 121,3 cm
Eseguito nel 1658

Diana, dea romana della caccia, nel nostro dipinto appare associata alla divinità lunare Selene, per l’attributo iconografico della falce di luna che domina sul suo capo. In molti riti romani Diana veniva considerata divinità trina, punto di congiunzione fra la Terra e la Luna stessa, incarnando la personificazione del Cielo. Nella sua iconografia più tradizionale la dea delle selve veniva solitamente ritratta con arco e frecce come strumenti di caccia, ma il Guercino in questa sua tela le pone in mano una lancia: una licenza negli attributi che non ne muta la natura di cacciatrice. E questo è indice del livello raggiunto in quel momento dall’artista, che si poteva permettere anche variazioni di questo tipo.

L’opera venne eseguita per il Conte Fabio Carandini di Roma, come riportato nel registro contabile del pittore centese, il Libro dei Conti: in data 15 novembre 1657 viene specificato il pagamento di un anticipo di 15 scudi per la commissione di due mezze figure. Il 20 maggio 1658 viene riportato il saldo totale della commissione da parte del Sig. Ridolfi, per due tele raffiguranti una Diana Cacciatrice e un Endimione, che vennero spedite a Roma per il Conte Carandini. L’altra tela, raffigurante il pastore Endimione addormentato, non è ancora ufficialmente riemersa, ma un’opera considerata fino ad ora di bottega e che per misure e composizione potrebbe essere il pendant della nostra opera è oggi conservata nel corridoio Vasariano di Palazzo Pitti a Firenze e rimane oggetto di indagine da parte degli studiosi. Questo nostro dipinto appartiene quindi al periodo della piena maturità artistica del pittore: traspare infatti una grande disinvoltura compositiva, il disegno di base, armonioso e ben bilanciato, lascia presupporre una velocità di stesura rapida ma attenta, mentre i contrasti cromatici sono caratterizzati da colori morbidi e pastellati, perfettamente in linea con lo stile tardo del Guercino quando si avvicinò fortemente al linguaggio cromatico del Reni.

Il ritratto di Diana è ripreso di tre quarti, con la testa in torsione rispetto al busto, un accorgimento che conferisce dinamismo al soggetto, un aspetto ulteriormente accentuato dal gesto rotatorio della testa del cane, il cui ritratto è il vero apice di realismo della composizione. Guercino ambienta la scena in un etereo paesaggio dai chiari riferimenti alla scuola veneta, la cui profondità è regolata dal tronco d’albero che si erge alle spalle di Diana, con la duplice funzione di dare origine a una sorta di quinta teatrale dentro la quale inquadrare la narrazione, nonché di suddividere l’opera in due piani spaziali.

Da quando è riemerso dal mercato antiquario, questo dipinto ha attratto su di sé l’attenzione e la curiosità del mondo accademico, al punto da essere richiesto più volte per mostre ed esposizioni a livello internazionale. È stato difatti esposto a Cento, città natale del Guercino, nel 2011. Successivamente in Palazzo Barberini a Roma, per la grande mostra monografica sul Guercino e infine nel 2015, è volato a Tokyo, al National Museum of Western Art per un’altra importante monografica dedicata al grande maestro barocco.