BENJAMIN VICTOR (1979 – )
L’ Angelo
Bronzo
Non c’è persona più adatta a parlare del significato di quest’opera che il suo autore, lo scultore statunitense Benjamin Victor. In una sua dichiarazione inviata alla Fondazione, ci parla del significato iconologico di questa scultura. “Assieme al celebre fotografo Christopher Peddecord, ho incontrato alcune danzatrici professioniste per scattare loro delle fotografie come modelli per le mie sculture. Questo Angelo fu ispirato dalle foto fatte alla modella e ballerina Dayna Marshall. Sono rimasto stupito dalla maniera con la quale riusciva a volteggiare nell’aria senza alcuno sforzo apparente, e riuscire contemporaneamente ad eseguire pose dinamiche e allo stesso tempo morbide. Nella mia mente ho così pensato a un angelo con le ali spiegate, fluttuare senza alcun peso e utilizzando le linee disegnate dai suoi gesti fluidi, ho composto questa scultura.
Il concetto romantico dell’Angelo ci parla di amore e di morte, di bellezza e di fragilità, di intramontabilità e di temporalità. Così come un paradosso visivo è certamente il contrasto tra le fattezze giovane e bellissime dell’angelo e la sua posa tanto austera. É una figura passionale ma allo stesso tempo, spirituale. È sia celestiale che umana ad indicare che noi tutti siamo entrambe le cose: esseri umani e ma anche esseri spirituali.” (B. Victor, 2019)
Stilisticamente, l’opera si ispira all’arte europea della prima metà dell’Ottocento e in particolare agli stilemi sviluppati in Inghilterra dalla corrente pre-raffaellita, con quel linguaggio sciolto da vincoli accademici e dedicato a soggetti inusuali, legati alla sfera dei sentimenti aulici, tanto cari al Romanticismo, come la Gloria, l’Amore, il Pentimento e la Morte, come specificato dallo stesso artista. All’inizio del XIX secolo la figura dell’Angelo diviene centrale nell’iconografia artistica, fondendosi con l’altro grande elemento figurativo imperante in quel periodo: la donna.
In quel periodo, le due figure si fondono e spesso si confondono nei loro significati. L’immagine femminile è vista con la duplice valenza di simbolo di purezza e di dannazione eterna. Antipodi di questo stereotipo sono infatti la Vergine Maria e la progenitrice Eva, entrambe celebrate da questa corrente artistica, seppur in maniera più laica che in passato. Così come l’immagine dell’Angelo, che ha sempre fattezze femminili – o per lo meno efebiche – che diviene contemporaneamente simbolo sia di innocenza e purezza, ma anche di morte: una personificazione metaforica del passaggio fra la vita terrena e l’eternità.