Ritratto di Antonia Minore divinizzata
Marmo bianco
Alt. 49,5 cm
Seconda metà I d.C.
Ritratto in marmo di dimensioni superiori al vero che raffigura una giovane donna divinizzata, identificabile con Antonia Minore e collocabile cronologicamente nella seconda metà del I d.C. Risulta integro il volto, mentre di restauro sono parte del collo con il busto; la superficie risulta lisciata. I morbidi capelli sono trattenuti da un cercine di alloro sormontato da una corona (la stephané) decorata in rilievo con rosette alternate a bulbi di loto.
Grazie alle caratteristiche fisiognomiche, anche se idealizzate, e ad alcuni confronti è possibile riconoscere nella scultura il volto divinizzato di Antonia Minore, figlia di Marco Antonio e di Ottavia, sorella dell’imperatore Augusto. Nata nel 36 a.C., sposò nel 17 a.C. Druso maggiore, fratello dell’imperatore Tiberio, e da questa unione nacquero: Germanico, principe designato con adozione alla successione imperiale dopo Tiberio, ma morì precocemente; Claudio, futuro imperatore nel 41 d.C. e Claudia Livilla. Così nel 37 d.C. alla morte di Tiberio, successe il nipote Caligola, figlio di Germanico e durante il suo regno, Antonia Minore morì nel 38 d.C. a 74 anni di età. Svetonio riporta che morì per una malattia causata dal trattamento ostile da parte di Caligola, anche se lo scrittore riferisce che vi erano voci che sostenevano che venne fatta avvelenare dal nipote. Secondo Dione Cassio, Caligola la costrinse al suicidio perché lo rimproverava. Il diadema in epoca giulio claudia venne conferito a ritratti di donne della casa imperiale (Livia o Antonia Minore) quale segno della loro divinizzazione.
Notevole è la somiglianza della nostra scultura con la testa Ludovisi, conservata a Roma in Palazzo Altemps, ormai riconosciuta quale ritratto reale di Antonia Minore. Infatti, quando Claudio divenne imperatore, onorò la memoria della madre promuovendone immagini colossali di culto con la sua effigie. Da osservare per la somiglianza, il ritratto di Antonia con alloro sul capo al centro del fregio meridionale dell’Ara Pacis, che girata indietro verso il marito Druso maggiore, tiene per mano il piccolo Germanico: molte caratteristiche dei lineamenti ritornano nella nostra scultura-ritratto.
Interessante è, inoltre, la vicenda collezionistica dell’opera che dal 1860 circa risulta far parte della collezione Chapman a Philadelphia fino agli inizi del novecento e venne esposta dal 1860 al 1920. presso la Philadelphia Academy of Art, divenendo inconsapevole protagonista del rinnovamento iconografico della monetazione statunitense. Infatti Theodore Roosevelt, promosse la produzione di una nuova serie monetale, esortando gli incisori a riprendere le immagini degli antichi per una produzione che fosse “worthy of the ancients”. Secondo C. Vermule (in Numismatic Art in America, Cambridge 1971, p. 63 fig. 72) il nostro ritratto femminile, durante il periodo in esposizione presso la Philadelphia Academy, fu uno dei modelli utilizzati nel 1881 dal capo incisore Charles E. Barber per la realizzazione dell’immagine della Libertà con serto e diadema presente sulla coniazione monetale da 1 fino a 5 cent. Gli incisori avrebbero ammirato le sculture antiche esposte nei locali della Philadelphia Academy of Art e preso, così, l’ispirazione per la creazione dei conii. La coniazione così prodotta dal 1883 al 1913, è conosciuta come “the Liberty Nickel”: nel recto, infatti, troviamo il profilo di una figura femminile che presenta notevoli somiglianze fisiognomiche con il nostro ritratto e nel verso il grande numerale romano V (cinque, cents) all’interno di una corona (The Numismatist, vol. 108, 1995, p. 173; Walter H. Breen, Complete Encyclopedia of. U.S. and Colonial Coins, 1988, p. 443).
Il nostro ritratto, quindi, riconosciuto come ritratto regale e divinizzato di Antonia Minore risalente alla seconda metà del I d.C., è stato reso celebre dalla produzione numismatica statunitense che lo vedeva quale personificazione della “Libertà”.