Maschera di Papposileno
Bronzo
Alt. 38,7 cm
Prima metà I a.C.
La maschera bronzea risulta essere un unicum nella produzione artistica greco-romana. Come è evidente dalle concrezioni di superficie sul retro non interamente eliminate dalla precedente pulitura, venne ritrovata in mare. È stata esposta e presentata al pubblico per la prima volta nella sede museale del Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps in occasione della mostra “Il sorriso di Dioniso” promossa dalla Fondazione stessa.
Secondo lo studio di Eugenio La Rocca essa raffigura un Papposileno (in “Il sorriso di Dioniso”, Torino 2010, pp. 127-173): un essere semi-ferino, con viso rotondo, dominato da barba folta e scomposta, interamente calvo. Il soggetto rappresentato è il sileno più anziano (questo è il significato del suo nome) e il più saggio del corteggio dionisiaco, infatti a lui fu affidato il piccolo Dioniso infante. Vive nei boschi, detesta la società civilizzata e partecipa a cortei e banchetti, cantando con voce melodiosa. Dai canti corali dedicati a Dioniso in età arcaica nascono e si affermano in età classica gli spettacoli teatrali, tragedia, dramma satiresco e poi commedia, recitati da attori in maschera. Una delle maschere adottate nel dramma satiresco è appunto quella di Papposileno, che assumerà nel tempo, forme sempre più grottesche.
Come afferma La Rocca, la maschera, di altissima fattura e di formato eccezionale, è uno dei rarissimi esemplari in bronzo databili in età ellenistica, forse entro la prima metà del I secolo a.C. Sul retro essa è del tutto cava, al fine di alleggerirne il peso complessivo. Due fori quadrangolari sui bordi delle orecchie servivano probabilmente per appendere la maschera tramite un nastro passante: è quindi probabile che il luogo di esposizione originario fosse il peristilio con giardino di una ricca dimora, tra le cui colonne la maschera del sileno poteva ondeggiare, sostenuta da serti vegetali, affiancandosi agli altri numerosi elementi di decoro dell’ambiente. Non mancavano riferimenti ad Afrodite/Venere (l’amore) e ad Artemide/Diana (la caccia), tutti destinati a un’atmosfera di momentanea sospensione dagli affanni in cui godersi una sensazione di rarefatta serenità.