Anfora-loutrophóros di Polystratos
Marmo pentelico
Alt. 118 cm
380-370 a.C.
L’anfora-loutrophóros di Polystratos, in marmo pentelico, di dimensioni imponenti, è inquadrabile cronologicamente intorno al 380-370 a.C. Si conserva integra nel corpo piriforme con la parte iniziale del collo e dell’ansa, mancante il piede.
Nella parte centrale nello spazio riservato al rilievo presenta una scena di commiato funebre con tre figure maschili stanti e ben conservate così come descrive Elena Ghisellini (in “Athena Nike: la vittoria della dea”, Roma 2013, pp.112-117), a sinistra si riconosce un uomo anziano barbato, il padre, e ben leggibile è il suo nome inciso nel marmo sopra la testa: Polykrates (POLUKRATHS). L’uomo stante doveva sostenersi ad un bastone, dipinto in antico e non più visibile, come mostra l’andamento inclinato del busto e le gambe incrociate avanti; indossa un mantello in diagonale. Polykrates saluta suo figlio, Polystratos, il defunto, stringendogli la mano (dexíosis), nel gesto simbolico dell’unione affettiva tra i cari estinti e i familiari ancora vivi, legati oltre la morte. Il giovane, è un guerriero di età matura, che veste un chitone a maniche corte, corazza anatomica con pteryges e clamide. Anche lui sopra la testa ha inciso il suo nome: POLUSTRATOS (Polystratos). Infine segue il servitore, che, vestito con corto chitone e elmo frigio, porta le armi al guerriero: un grande scudo circolare e una lancia.
Nel tentare una ricostruzione del vaso marmoreo a colori nella sua forma e aspetto originario, bisogna ipotizzare che con il colore erano valorizzate le partiture ornamentali, collocate sul collo, sulla spalla e sulla parte inferiore del corpo, rispondenti a schemi fissi, anche dal punto di vista della scelta della gamma cromatica, che alterna il rosso cinabro, il blu egiziano, il giallo e l’ocra. Potevano inoltre essere espressi esclusivamente con la pittura alcuni dettagli delle figure, non realizzati a rilievo, come il bastone a cui si appoggia il personaggio anziano sulla sinistra e la lancia tenuta nella mano dal servitore. Recenti studi hanno confermato il ruolo svolto dal colore nella rifinitura dei monumenti funerari. Nell’officina dovevano lavorare insieme sculture e pittore, che prima dell’esecuzione decidevano quali elementi dovessero essere dipinti in perfetto accordo e sintonia.